Famiglie, covid19 e smartherapy: la solitudine o la forza delle famiglie?

A più di un anno di distanza dall’inizio della Pandemia da Covid-19, vogliamo dare voce alle sensazioni e alle emozioni provate dalle famiglie dei nostri piccoli pazienti.

Lo vogliamo fare in questo momento di rinascita e di ripresa dei ritmi e delle routines quotidiane per non dimenticare gli insegnament

 

i che, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a raccogliere.

Per entrare in questa dimensione useremo le parole espresse dalla Psicologa e Psicoterapeuta Maria Teresa Carecci in una

lettera che raccoglie le sensazioni e le emozioni attrav

erso alcune interviste rivolte alle famiglie dei piccoli pazienti e ai loro terapisti TNPEE di un centro riabilitativo accreditato di Roma.

In questo lungo e difficile periodo di pandemia famiglie e caregivers hanno dovuto reinventarsi e aprire lo sguardo ad un “fare” diverso, ma non meno professionale.

"Nessuno aveva previsto l'evenienza di rapportarci con genitori e bambini at

 

traverso lo schermo di un computer; di ritrovarsi, psicologi, terapisti e piccoli pazienti, non davanti a persone reali e a sensazioni fisiche intercambiabili in relazione alla presenza de visu corporea, ma di fronte a “ologrammi” astratti, vivificabili attraverso un semplice clic o eliminabili per un imprevisto incidente “meccanico”.

Questa nuova modalità di cura ci ha permesso di contattare le famiglie in modo inusitato, di entrare con il nostro lavoro nelle loro case e loro nelle nostre. Le famiglie, accolte per anni nel nostro ambulatorio, ci hanno aperto le porte delle loro case e noi ci siamo entrati! Abbiamo così superato le barriere della separazione e della distanza proprio quando queste erano diventate il tabù sociale da non violare."

 

Si assiste ad un ribaltamento di ruoli e di competenze che apre scenari nuovi da scoprire insieme.

"Spazi privati e spazi sociali hanno cominciato a camminare insieme: la scuola, la terapia, il lavoro   dei genitori, le relazioni interpersonali, non più “ in carne ed ossa” ma quasi, si sono materializzati dietro un desiderio che ha assunto il volto dell'altro attraverso la “piattaforma” telematica."

La Dott.ssa Carecci si chiede se questa esperienza avrà un futuro e se si potrà prescindere da essa, se questo nuovo tipo di contatto potrà avere una valenza terapeutica. 

Noi TNPEE, in accordo con le sue riflessioni, crediamo di sì. Il contatto fisico e la relazione con il paziente, come sappiamo bene, non possono certo essere sostituiti da una relazione a distanza, ma questa può avere una valenza terapeutica.

Abbiamo imparato che sono molte le risorse interne delle famiglie, dei pazienti e dei terapeuti e che possono essere rimodulate in funzione del percorso terapeutico.

"Lo svolgimento della terapia a distanza per molti genitori ha rappresenta

 

to un’occasione nuova per entrare in modo più diretto nelle problematiche specifiche dei loro bambini e ha migliorato la considerazione dell’aiuto fornito dai terapisti per la loro evoluzione."

Tuttavia, se per molte famiglie questa nuova dimensione ha rappresentato una risc

 

operta delle competenze del proprio bambino, per altre invece ha prodotto uno smarrimento e un’affiorare di paure che noi TNPEE abbiamo provato a sostenere con accoglienza e competenza:

"Il contatto più diretto e più continuo, senza mediazione alcuna, con la patologia del bambino ha provocato in molti genitori un maggiore livello di angoscia e di paura. La frammentazione e l'evasione  dalla terapia sono stati vissuti da alcuni come perdita di efficacia della terapia stessa per poi trasformarsi, grazie all’aiuto del terapista, in risorse nuove."

La scoperta di queste risorse nuove ha coinvolto le famiglie, ma anche le figure terapeutiche.

"Una mamma racconta che la cosa più utile è stata quella di entrare nel vivo della terapia del figlio: “è stato come apprendere insieme a lui”, e ancora una coppia genitoriale“questo periodo di lavoro in 

smartworking è diventato, nonostante tutto, una grande opportunità di godere e vivere giorno per giorno le conquiste della nostra bambina”, elaborando gradualmente anche l’impatto di una diagnosi impegnativa.

Esattamente l’altra faccia della medaglia di quanto espresso da molti TNPEE: “ci siamo resi conto lavorando con i genitori di quanto fosse importante fornire loro dal vivo gli strumenti finalizzati al miglior supporto”. Molti colleghi hanno confermato che in questa esperienza “le competenze sono passate dal terapista al genitore” che è riuscito a rappresentarsi più chiaramente il senso di un percorso terapeutico.

In tutte le famiglie ha prevalso la speranza di farcela. Le famiglie meno tutelate sul versante economico e meno dotate di strumenti telematici hanno avuto più difficoltà a garantire ai propri figli una facilitazione di accesso ai servizi delle piattaforme a distanza. Le famiglie sono state sempre in prima linea, sul fronte dell'impegno individuale e sociale. Senza il loro senso di responsabilità e di impegno tutto sarebbe stato più difficile."

La Dott.ssa Carecci utilizza le parole di un noto Psicanalista, Massimo Recalcati, per dare enfasi al ruolo delle famiglie durante questo particolare periodo storico. In un articolo, comparso tra le pagine di “Repubblica” del 4 luglio 2020, il saggista scriveva:

“Nel buio che ci circonda e che rischia di diventare sempre più fitto, la comunità che ha dato maggiore prova di resistenza è stata quella della famiglia. Dopo quella sanitaria la prima risposta alla morte e alla violenza è stata quella offerta, con grande generosità dalle famiglie italiane”.

 

 

Con queste parole di chiusura ringraziamo la Dott.ssa Carecci per la sensibilità nell’affronta

 

re il tema e per la capacità di accogliere le famiglie nella condivisione della loro esperienza, con l’augurio di lasciarci alle spalle il buio della pandemia e tenere invece ancorate le risorse interne, sociali ed emotive scoperte in modo dirompente e oramai acquisite nel nostro bagaglio professionale.

 

A cura di
Mariangela Lettieri