Terapia in acqua e Covid-19: l’esperienza di alcuni TNPEE di Roma e provincia

Terapia in acqua e Covid-19: l’esperienza di alcuni TNPEE di Roma e provincia

«L’acqua completerà il vostro lavoro. Essa è, credetemi, molto più abile di voi. Vi basterà lasciarla lavorare» (F.Leboyer)

 

L’intervento neuro e psicomotorio in età evolutiva si differenzia e caratterizza rispetto a quello di altre professioni sanitarie per la profonda valenza che assume il setting in cui si svolge.

Per setting si intende il dispositivo spazio-temporale che delimita e rende significativa l’esperienza condivisa tra operatore e bambino.

Risalgono agli anni 30 i primi studi volti ad osservare e verificare i benefici dell’acqua sui neonati, ma è solamente negli ultimi anni che l’ambiente acqua ha iniziato ad essere considerato vero e proprio setting a valenza terapeutico-riabilitativa in ambito neuro e psicomotorio, grazie alla sua connotazione di esperienza globale e ludica.

Ri-abilitazione neuropsicomotoria in acqua: precocità e globalità

I principi chiave della terapia neuropsicomotoria in acqua sono gli stessi che il TNPEE attua nella presa in carico dei disturbi del neurosviluppo: precocità dell’intervento, centralità del corpo e approccio globale, svolti in un contesto che sappia tenere conto della crescita emotiva, affettiva e relazionale del bambino.

Nell’acqua si ricrea per il bambino un ambiente familiare e arcaico, nel quale potersi rilassare e prendere coscienza del proprio corpo, grazie alla naturale stimolazione del sistema propriocettivo. L’esperienza di benessere crea così una condizione favorevole all’apprendimento di nuovi schemi posturali e di movimento, a migliorare il controllo respiratorio, accrescere le capacità di adattamento alle novità e quindi contribuire allo sviluppo delle capacità psicomotorie.

La piscina diventa spazio privilegiato di gioco e relazione, l’acqua diventa mediatrice e facilitatrice della relazione tra terapista e paziente in età evolutiva.

La terapia in acqua: l’esperienza di alcuni TNPEE in questi mesi dall’inizio della pandemia

A partire da marzo 2020, con il lockdown prima e la flebile ripresa delle attività dopo, abbiamo assistito ad una importante ma silenziosa battuta d’arresto generale del settore sanitario in ambito riabilitativo.

La presa in carico e l’assistenza dei disturbi del neurosviluppo si sono dovute adattare non solo alle nuove norme di distanziamento ma anche a nuovi sistemi di relazione terapista-paziente, come nel caso della teleassistenza. Questo però non è stato possibile in tutti i casi e sono rimasti silenti in questi mesi, i cambiamenti e i disagi, ancora attuali, che i TNPEE vivono nell’ambito della terapia neuro e psicomotoria in acqua.

Le difficoltà del settore sul territorio di Roma e provincia

Il settore, ci racconta il dottor S. Sollazzo, TNPEE referente del corso idrokinesiterapia e neuropsicomotricità in acqua di un centro riabilitativo di Roma, è ancora per gran parte fermo, fatta eccezione per poche realtà che comunque hanno dovuto rimodulare modalità, tempi e obiettivi di lavoro: «Lavorare in piscina senza contatto e con i mezzi di protezione individuali è spesso un’ulteriore difficoltà quando si deve chiudere la distanza e sostenere i bimbi». E molti bambini, come ci racconta anche la dottoressa E. Farina, TNPEE, non sono più rientrati in acqua da febbraio 2020, perché è stata tra le prime forme di riabilitazione ad essere sospesa: «Nelle settimane prima del lockdown ci rendevamo conto che era già difficilissimo poter tenere le giuste distanze e operare in sicurezza, soprattutto senza schermi di protezione».

La rimodulazione degli obiettivi

Per poter riprendere le terapie sospese è stato fondamentale il lavoro in equipe e la possibilità, compliance delle famiglie permettendo, di rimodulare gli obiettivi della presa in carico adattandoli alle circostanze, come ad esempio nel caso del passaggio dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria. «Con un bimbo che deve prepararsi alla prima elementare in acqua lavoriamo sul distacco dalle figure genitoriali. Ad oggi se la famiglia ha scelto di non rientrare è necessario impostare un lavoro canonico sui prerequisiti ma adattandolo a distanza - sottolinea la Dottoressa Farina - e lavorare  sul piano sensoriale e propriocettivo, resta difficile».

Disturbi dello spettro autistico e disabilità intellettive i quadri che più hanno risentito della chiusura di questo spazio privilegiato, secondo la Dottoressa Farina: «L’acqua aiuta a cercare lo sguardo dell’altro, a chiedere aiuto, a tollerare la vicinanza e il contatto del terapista. Condizioni che a secco (fuori dall’acqua - ndr) spesso è difficile ricreare».

Una ripresa… possibile

La possibilità di ripresa, in sicurezza, è per alcuni già realtà, grazie anche alle indicazioni delle Linee Guida stilate dall’Associazione Nazionale Idrokinesiterapisti (ANIK). «Inizialmente non è stato facile», conferma la Dottoressa N. Bossi, TNPEE coordinatrice d’area in uno studio di idrokinesiterapia in zona Colleferro. «Però poi siamo riusciti ad organizzarci bene con percorsi differenziati di entrata ed uscita, ingressi contingentati e igienizzazione dei locali al cambio». Anche in questo caso, l’impossibile è reso possibile grazie ad un lavoro sinergico tra l’equipe e la preziosa collaborazione delle famiglie di bambini e ragazzi. Nessuna preoccupazione, invece, per i materiali: «Sono sempre igienizzati, anche perché la percentuale di cloro nella vasca ne garantisce l'igienizzazione e, in caso di necessità, abbiamo una persona addetta a bordo vasca».

L’adozione e l’utilizzo di DPI adeguati e funzionali ha il suo peso: «All’interno della piscina, durante le terapie, noi terapiste indossiamo la mascherina di plastica, che copre naso e bocca e la visiera sopra». I bambini non sono assolutamente spaventati dai DPI e i terapisti cercano di mantenere sempre le distanze di sicurezza laddove è possibile (in particolare se il bambino è più autonomo negli spostamenti).

Prospettive future

Affrontare un’emergenza sanitaria, per di più di entità pandemica, non è cosa da poco: lo abbiamo imparato sulla nostra pelle durante questo ultimo anno. Ma tirando le somme per una professione, quella del TNPEE, che con resilienza e tenacia si è riadattata alle sfide lanciate dalla pandemia Covid-19, è impossibile non osservare il vuoto che, in molti casi, non è ancora stato risanato, in particolare nella ripresa di alcune attività di riabilitazione per i disturbi del neurosviluppo, come ad esempio il lavoro in piccolo gruppo o le stesse terapie in acqua.

Un tempo Thomas Fuller ha detto: «Non conosciamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non si prosciuga».

Noi, professionisti, ma anche i nostri utenti e le loro tenaci famiglie, abbiamo chiara la valenza terapeutica dell’acqua e i suoi benefici in età evolutiva, per questo auspichiamo che, grazie anche alla campagna di vaccinazione, la ripresa che per alcuni si è già concretizzata, sia presto possibile per tutte le realtà in regola presenti sul territorio, limitando, oltre ai già evidenti danni, il proliferare di realtà abusive strutturalmente e professionalmente non idonee alla riabilitazione in acqua per i disturbi dell’età evolutiva. Raccomandiamo infine alle famiglie, soprattutto in questo periodo, di assicurarsi che le strutture siano abilitate allo svolgimento di attività terapeutiche in acqua e soprattutto che gli operatori siano professionisti sanitari della riabilitazione abilitati all'esercizio e iscritti in regola ai rispettivi albi professionali

 

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A cura di Stefania Cortese e Serena Marozza

Si ringraziano per la collaborazione il Dott. S. Sollazzo, la Dott.ssa E. Farina e la Dott.ssa N. Bossi