Educatori professionali, la CdA replica a un servizio del Tg3: «Induce confusione sulla professione»

Educatori professionali, la CdA replica a un servizio del Tg3: «Induce confusione sulla professione»

«La Commissione di Albo Educatori professionali dell’Ordine TSRM e PSTRP di Roma e provincia, registra l’ennesima ‘distrazione comunicativa’ occorsa lo scorso 15 maggio 2023 nel nella Rubrica Fuori Tg del Tg3». Lo spiega il Presidente della CdA degli Educatori professionali di Roma Nicola Titta.

«Il servizio dal titolo “Educatori Invisibili”, introduce un’accezione generico/generalista alla professione di educatore senza che siano state sentite o invitate le rappresentanze esponenziali della professione o la FNO» spiega ancora Titta.

Sul tema è intervenuta anche la Commissione di Albo nazionale degli Educatori professionali con una nota ufficiale. «La Commissione di Albo nazionale degli Educatori professionali, incardinata nella Federazione TSRM e PSTRP, prende le distanze in merito al servizio dal titolo “Educatori invisibili” dello scorso 15 maggio andato in onda su “Tg3 Fuori Tg”, condotto da Maria Rosaria De Medici – spiega la nota -.  All’interno del rotocalco di Rai 3 sono emersi alcuni punti fuorvianti rispetto a quanto espresso sulla normativa vigente in termini di Educatori professionali (legge 3/2018). In particolare, coloro che sono intervenuti in trasmissione si sono dichiarati e hanno parlato in qualità di rappresentanti del Forum del Terzo settore, e di una cooperativa sociale lombarda, pertanto il servizio televisivo non ha tenuto conto del coinvolgimento della rappresentanza istituzionale della professione, in assenza della quale si è data una visione nettamente parziale di quelle che possono essere le reali condizioni di questi professionisti, che in Italia sono circa 29 mila».

«Il servizio televisivo – continua la nota - introduce un’accezione generalista alla professione di educatore, sebbene ai sensi della normativa vigente si debba parlare di Educatore professionale, per sgombrare il campo da possibili equivoci relativi a chi debba e possa svolgere questo lavoro. L’Educatore professionale deve essere laureato nelle Scuole di Medicina (SNT2), non sovrapponibile, non inter-cambiabile, non inter-fungibile con il professionista laureato dalla Facoltà dell’Università citata durante il reportage. La professione di Educatore professionale è regolata dalla legge 3 del 2018, che li ha ordinati all’interno degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM e PSTRP).

«Il servizio del Tg3, inoltre, introduce un’accezione erroneamente e pericolosamente generica della professione di educatore. L’Educatore professionale di cui al DM 520/98 ha attività tipiche e riservate che, per diversa formazione e abilitazione, non possono essere svolte da professioni che sanitarie non sono, come chiaramente indicato dalla legge 4/2013: “…omissis... senza sovrapposizioni con le attività tipiche o riservate alle professioni sanitarie di cui alla legge 11 gennaio 2018, n. 3…omissis”. Vale a dire che le funzioni professionali dell’Educatore professionale che opera in ambito socio-sanitario non possono essere esercitate da altri professionisti con titolo apparentemente analogo».

«Nel servizio si è parlato, inoltre, anche di tipologie di servizi, strutture, attività, che attengono a specifici aspetti pedagogici, educativi, ma anche riabilitativi, nei quali la componente sanitaria e/o socio sanitaria, è rilevante. La professione di Educatore professionale è composta da operatori definiti dal predetto decreto come operatori sociali e sanitari, è allocata negli Enti locali, nel SSN, nelle associazioni, nelle fondazioni e nelle cooperative (Terzo settore) e, più in generale, all’interno di tutte le realtà che si occupano di persone in stato di vulnerabilità; è evidente come l’azione professionale sia improntata con dei quadri di riferimento attinenti alla pedagogia, ma non solo, in maniera analoga dal punto di vista educativo, ma non in termini riabilitativi e, quindi, in base ad un percorso formativo che poggia su piani di studio diversi e attività di tirocinio ben più consistenti: in sintesi, non identica e non assimilabile a quella di coloro che provengono da altro percorso formativo» conclude la nota.