Covid19, l’indagine dei Logopedisti: nel Lazio più del 50% ha garantito assistenza durante l’emergenza. Riabilitazione a distanza la più usata
Raggiunto un campione considerevole di iscritti: circa il 24% degli iscritti all’Albo. Il 58% opera in libera professione, basso il numero degli inoccupati (0,4%). A marzo quasi il 40% non ha esercitato la professione per il lockdown
La legge n.3 dell’11 Gennaio 2018 e i successivi Decreti attuativi hanno contribuito al rinnovamento dei principi legislativi per le professioni sanitarie e, in particolare, la Determinazione della composizione delle commissioni di Albo all’interno dell’Ordine.
Tra i diversi compiti istituzionali della Commissione d’Albo (CdA) sottolineiamo la cura per la tenuta dell’Albo stesso, la vigilanza sull’attività abusiva della professione e la tutela del cittadino garantendo la professionalità e la competenza dei professionisti. In tal senso si è costituito un coordinamento delle CdA della Regione Lazio. Uno dei primi obiettivi condivisi è stata l’elaborazione del questionario “Indagine Conoscitiva Logopedisti Lazio” inviato a tutti gli iscritti in data 30 Aprile.
L'obiettivo di tale indagine è quello di effettuare rilevazioni di tipo demografico per tracciare un quadro della situazione occupazionale dei logopedisti sul territorio regionale e di analizzare come questa si sia modificata in relazione alla pandemia Covid-19.
Un primo dato interessante è quello di aver raggiunto un campione considerevole fra tutti gli iscritti: 475 risposte totali, di cui 323 appartenenti all’albo di Roma (corrispondente a circa il 24% degli iscritti a tale Albo) e che ci ha consentito di condurre importanti analisi e riflessioni su diversi fronti.
LA SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
Per quanto riguarda la situazione occupazionale è emerso che il 58% dei Logopedisti del territorio laziale opera in Libera Professione, mentre il 33% come dipendente a tempo indeterminato. In particolare, il 42,6% svolge la propria attività prevalentemente in studio privato, il 26,9% presso Centro Convenzionato ex art.26, vale a dire in riabilitazione estensiva.
L’ambito di maggiore occupazione è l’età evolutiva (80,2%); dalle risposte pervenute gli inoccupati risultano lo 0,4%, dato incoraggiante per la nostra categoria, soprattutto in un momento di straordinarietà come quello che attualmente stiamo vivendo.
Una rilevante considerazione sorge davanti alla percentuale di prevalenza occupazionale con l’età adulta (19,4%), bassa rispetto all’incremento della spettanza di vita avvenuto negli ultimi decenni che ha comportato inevitabilmente un aumento delle patologie cronico - degenerative. Nella pratica clinica con il paziente adulto e geriatrico, il logopedista è coinvolto nella rieducazione di una popolazione che presenta quadri patologici ad alta complessità assistenziale, la cui presa in carico richiede competenze riabilitative elevate. Saranno quindi la fragilità del paziente anziano a condizionare la scelta da parte del professionista di questo settore? O piuttosto la necessità di rinnovare le linee di intervento ed i modelli organizzativi da parte delle aziende sanitarie, pubbliche e private, presenti sul territorio?
Speriamo siate voi ad aiutarci a rispondere a tali domande, con una partecipazione sempre più crescente perché è da essa che dipende l’efficacia dell’operato della Cda.
L’IMPATTO DELL’EMERGENZA COVID 19
Il questionario ha permesso inoltre un’analisi descrittiva dell’impatto che l’emergenza COVID-19 ha avuto sull’attività lavorativa del logopedista, evidenziando le capacità riorganizzative che il professionista ha saputo mettere in pratica nell’esercizio della propria professione e fornendo evidenze statistiche riguardanti il grado di responsabilità e rispetto delle normative vigenti.
Dati relativi al mese di marzo e aprile (lockdown): l’analisi dei risultati ottenuti ha descritto quadri pressoché sovrapponibili in termini percentuali, riferiti ai primi due mesi di pandemia dimostrando la costanza e la risolutezza che il logopedista ha saputo mantenere nel fronteggiare l’imprevedibilità di questa difficile fase. Da una prima interpretazione dei risultati è emerso che una percentuale di logopedisti (superiore al 50%) è riuscita a garantire, con rimodulazione delle modalità di presa in carico, la continuità terapeutica ai propri pazienti. Nel rispetto delle misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e a garanzia del diritto alla salute e alle cure, il logopedista ha fornito una risposta riabilitativa servendosi delle proprie capacità adattive e competenze tecnologiche.
La riabilitazione a distanza è stata la modalità di intervento più utilizzata (41,4% nel mese di marzo e 51,4% nel mese di aprile) mentre una percentuale di professionisti del 12% ha continuato a lavorare nella propria sede di lavoro in assistenza di situazioni inderogabili, per le quali non era indicata una riabilitazione a distanza necessitando la compresenza fisica logopedista/paziente (tra questi rientrano i casi che riguardano le funzioni vitali in pazienti fragili, complessi, post-chirurgici ecc.). Una percentuale del 39,4 % nel mese di marzo e del 32,8 % nel mese di aprile non ha esercitato la propria professione (tra questi rientrano tutti coloro che hanno avuto accesso ai trattamenti di cassa integrazione prevista dall’emergenza coronavirus; chi ha usufruito di congedi o malattia/infortunio; gli inoccupati; chi ha interrotto la collaborazione con la struttura; chi in tutta coscienza ha sospeso la propria attività).
Dati relativi alla previsione per il mese di maggio (Fase 2): l’analisi delle risposte fornite sulla base delle previsioni per il futuro, in particolare per il mese di maggio, ha evidenziato forti aspettative nella ripresa delle attività riabilitative: il 20% prevede la ripresa delle terapie in sede, il che presume un atteggiamento improntato alla massima cautela ed al più rigoroso rispetto di tutte le prescrizioni fornite dalle autorità competenti; il 25% prende in considerazione la riabilitazione a distanza come metodo esclusivo di presa in carico del paziente, rivelando come la risposta ad una situazione di emergenza sia stata l’occasione per sviluppare nuovi modi di lavorare con gli utenti e le famiglie; il 35% prevede di poter integrare interventi in sede alla riabilitazione a distanza, a prova di quanto il modello basato sull’approccio bio-psico-sociale, sulla progettazione individualizzata e sulla centralità della persona e della famiglia, rimanga centrale nella pratica clinica logopedica.
La Cda si impegna a portare avanti iniziative che vadano ad implementare il giusto riconoscimento del ruolo del logopedista in ogni ambito al fine di garantire le migliori cure possibili ai nostri utenti
Grazie ad iniziative come questo questionario, auspichiamo la nascita di un proficuo canale di comunicazione con gli iscritti. Pertanto si rinnova l'invito, per chi ancora non l'avesse fatto, a compilare il questionario a questo link:
https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdcFY28ybXH0NP1w8KVHRXeLvtmz2zoxTefdN_7Krn5YSOpFw/viewform
Solo così si avrà una fotografia più precisa della situazione lavorativa attuale nella Regione Lazio e si potranno proporre e avanzare iniziative nel migliorarla.
Muoversi in sinergia, con partecipazione e ascolto, è la strategia per rendere sicura la nostra professione.
Scriveteci a cda.l@tsrmpstrproma.it
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Consulta il sito dell'Ordine di Roma https://www.tsrmpstrproma.it/
Il Logopedista durante la pandemia da covid-19: dal lockdown alla fase 2
A seguito del DPCM dell’8 Marzo 2020 e alla dichiarazione dello stato di pandemia, tutti i cittadini e tutti i professionisti si sono ritrovati in un’improvvisa situazione di straordinarietà.
In linea con quanto indicato dai vari DPCM non è stata prevista la sospensione delle attività sanitarie, incluse quelle logopediche.
Il Logopedista, per responsabilità etica e deontologica, nei casi in cui fosse possibile differire ha comunque scelto di interrompere la propria attività per limitare la diffusione del contagio e tutelare la collettività. Ha inoltre aumentato la capacità di resilienza, fronteggiando le difficoltà e adattandosi efficacemente ad una nuova pratica clinica: l’intervento in Area Critica per i casi non derogabili e la riabilitazione a distanza per i casi derogabili (Documento condiviso Ordine e Cda - Indicazioni e Raccomandazioni).
INTERVENTI IN AREA CRITICA
In Area Critica, all'interno delle terapie intensive e sub-intensive, c'è stato un aumento della richiesta d'intervento logopedico per la riabilitazione dei pazienti colpiti da Covid19 con quadri di disfagia, disfonia e deficit riguardanti il versante cognitivo – linguistico. L'obiettivo riabilitativo primario, in questo caso, consiste nel ripristino di funzioni essenziali come quelle pneumo - fonica, deglutitoria e comunicativa, minate da procedure di intubazione, estubazione, tracheostomia e dall'isolamento. Inoltre, in questi casi di inderogabilità, numerosi sono stati i colleghi che hanno proseguito in prima linea anche nella fase 1 nei reparti di riabilitazione neuromotoria, nelle RSA e in tutte le strutture territoriali sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali.
LA RIABILITAZIONE A DISTANZA
La riabilitazione a distanza, definita teleriabilitazione dall’ASHA ((American Telemedicine Association, 2010) invece, seppur facilmente attuabile grazie alle numerose piattaforme già esistenti, ha previsto una grande capacità di rimodulazione del lavoro a cui si era abituati.
Indispensabili sono risultate le capacità di flessibilità e di problem solving del Logopedista per superare le difficoltà a cui questo diverso sistema lavorativo lo ha posto davanti. Per il pieno rispetto dei criteri di adeguatezza della prestazione si raccomandano le Indicazioni per l’attività a distanza del logopedista
In questa nuova modalità di presa in carico, il Logopedista ha dovuto inoltre intensificare la sua attività di counselling al fine di supportare e rafforzare l’alleanza con il caregiver.
L'ASHA riconosce che la pandemia da Covid19 non ha precedenti e richiede misure uniche e, in questo caso, la teleriabilitazione si è dimostrata un utile strumento perché ha evitato l’interruzione di numerosi trattamenti e ha consolidato l’alleanza terapeutica rinforzando il rapporto di fiducia tra logopedista, paziente e caregiver. Tuttavia il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico è reso maggiormente difficoltoso dalla mancanza di aspetti fondamentali dell’interazione sociale e dello scambio comunicativo. Inoltre un documento ASHA aggiornato al 6 maggio (Considerations for Speech, Language, and Cognitive Assessment via Telepractice, 2020) fornisce alcune indicazioni per i logopedisti che conducono valutazioni del linguaggio tramite teleriabilitazione. Per poter garantire che la valutazione a distanza sia equivalente alla valutazione in presenza, il Logopedista dovrebbe identificare i pazienti idonei ai servizi di valutazione e intervento tramite la teleriabilitazione, selezionare e utilizzare strumenti di valutazione appropriati per la tecnologia e che tengono conto delle variabili del paziente e del disturbo.
Ora nella Fase 2, si viene a ridefinire il concetto di derogabilità delle prestazioni e la modalità di presa in carico: la responsabilità di tale scelta ricade sul Logopedista che meglio conosce il paziente e le sue necessità, in accordo con l’equipe riabilitativa dove presente.
LE MISURE DI PROTEZIONE
Una nuova attenzione dovrà avere il Logopedista nel sanificare gli ambienti, nell’indossare i DPI necessari e nel far rispettare le indicazioni per la prevenzione del contagio ai propri pazienti e ai caregiver. Attenzioni che presto diventeranno nuove abitudini. Va però considerato il fatto che queste nuove pratiche e procedure provocheranno un inevitabile aumento dei costi delle prestazioni erogate.
La grande sfida per i Logopedisti sarà capire come utilizzare i dispositivi, ad esempio la mascherina, tenendo conto di alcune peculiarità del lavoro (la comprensione delle espressioni facciali, l’osservazione dei movimenti della bocca, la lettura del labiale, l’analisi della qualità della voce, ecc.). Si rimanda dunque alle Linee di indirizzo e raccomandazioni per l’attività del logopedista ai tempi del Covid-19 in cui si afferma di valutare attentamente il setting preferibile per ogni situazione: in presenza con mascherina o da remoto senza mascherina, eventualmente combinando le due modalità e diversificando le attività a seconda della modalità.
In questo momento di difficoltà, la CdA dei Logopedisti si è attivata per tutelare e supportare, quanto più possibile, i professionisti che svolgono l'attività privata.
In base ai dati del questionario inviato agli iscritti tramite mail, distribuiremo mascherine FFP2 donate dal Ministero della Salute/Protezione Civile con priorità ai liberi professionisti.
Tuttavia, attraverso il progetto aiutaci ad aiutarti continueremo a vigilare e, se necessario, agire anche per tutti gli altri ambiti di pratica professionale (area critica, ospedali, territorio, etc) sollecitando le strutture sanitarie e i datori di lavoro a fornire adeguati DPI ai propri dipendenti e ricevendo le tue segnalazioni di eventuali inadempienze alla mail della CdA cda.l@tsrmpstrproma.it.
Infine, proseguiremo la fruttuosa collaborazione nata con Federazione Logopedisti Italiani, che ha portato alla redazione dei vari documenti condivisi, indicando le linee guida più consone a tutti gli ambiti professionali durante l'emergenza.
Insieme riprenderemo la nostra routine di sempre forti di questa esperienza ed arricchiti di nuove modalità e strumenti.
Ruolo e sentimenti del logopedista durante la pandemia di Covid-19: intervista a tre logopedisti impiegati in fase acuta
Smarrimento e paura le sensazioni prevalenti, mentre verso i DPI c’è stato “amore-odio”. Tutti hanno riconosciuto l’importanza di avere Linee Guida e del lavoro in team con gli altri professionisti sanitari. Le interviste ad Antonio Amitrano (San Camillo Forlanini), Giuseppe Mancini (Ospedale di Tivoli) e Patrizia Marroni (Policlinico Tor Vergata)
La malattia da nuovo Coronavirus ha prodotto una situazione di emergenza sanitaria unica nel suo genere e di fronte alla quale nessun professionista della salute si è sottratto. Il logopedista ha avuto, e continua ad avere, un ruolo essenziale su tutti i fronti, sia in terapia intensiva che nella fase post-acuta, nella valutazione della funzionalità deglutitoria e nell’adozione di strategie di CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa) per favorire la comunicazione in pazienti anche solo temporaneamente impossibilitati ad utilizzare i normali canali comunicativi.
I logopedisti che sono impegnati in prima linea nella lotta al Coronavirus si trovano a lavorare con pazienti complessi, affetti da patologie multisistemiche, e con quadri clinici molto vari per i quali è necessario adottare strategie riabilitative diverse. Molti sono ricoverati in reparti di terapia intensive e sub-intensiva e sottoposti ad una più o meno lunga intubazione orotracheale, procedura che può determinare PED (post extubation dysphagia).
La CdA dei Logopedisti di Roma ha intervistato il dottor Antonio Amitrano (Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini), il dottor Giuseppe Mancini (Ospedale di Tivoli) e la dottoressa Patrizia Marroni (Policlinico Tor Vergata), colleghi logopedisti che hanno accettato l'invito di lasciare una testimonianza della rilevanza della nostra professione in un momento come questo.
Da tutte le interviste emerge l’unanime lo smarrimento, provocato, come sottolinea il dottor Mancini, sia «dalla velocità con cui progredisce la malattia che non dà il tempo agli operatori né di una presa in carico né tanto meno di un intervento più strutturato», sia dall'impossibilità di far riferimento ad esperienze pregresse o Linee Guida specifiche.
È emerso, soprattutto lavorando con i primi casi di Covid, quanto sia importante e rassicurante per il professionista avere a disposizione delle Linee Guida, strumenti indispensabili per assicurare la qualità e la sicurezza delle prestazioni, i migliori risultati in termini di salute e qualità di vita ai cittadini e l'uso efficiente delle risorse. «Le prime valutazioni della disfagia in pazienti Covid sono state eseguite sulla scorta dell’esperienza personale – afferma il dottor Amitrano -. Da ricordare inoltre che, almeno nella mia realtà ma credo sia esperienza generale, non è stato possibile effettuare una valutazione strumentale della disfagia». Il dottor Mancini guarda al presente fiducioso: «Ora probabilmente sapremmo meglio come muoverci. Ci stiamo confrontando con molti colleghi per capire il funzionamento e quello che provoca esattamente».
Il logopedista si è trovato a dover far affidamento sulle proprie capacità professionali e su quelle dei colleghi appartenenti a diverse professioni sanitarie: «In questo periodo, più che in altri, si è confermata l'importanza dell'intervento multidisciplinare», afferma la dottoressa Marroni. «Con le altre professioni sanitarie c’è stata una condivisione sul campo. L’esperienza in qualche modo ha agevolato la collaborazione, più di una volta mi sono trovato a dirigere dalla zona filtro medici, che già si trovavano a letto del paziente, per l’esecuzione delle manovre necessarie per la valutazione della deglutizione», racconta il dottor Amitrano.
Mai come in questo periodo delicato lavorare in team ha favorito il raggiungimento di obiettivi condivisi, tutelando il professionista da eventuali rischi di isolamento e di burnout.
Altro punto di incontro delle esperienze raccolte è indubbiamente il disagio di lavorare con i numerosi DPI: il logopedista deve conoscerne le caratteristiche ed essere in grado di usare tali dispositivi destinati alla protezione da rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la sua salute durante il lavoro. Il logopedista, infatti, è tra gli operatori sanitari maggiormente esposti perché molte attività specifiche del lavoro generano aerosol (si pensi al lavoro sulla respirazione o all'esposizione ad un colpo di tosse se il paziente è disfagico). Per la dottoressa Marroni i DPI hanno permesso di abbassare il livello di stress e di insicurezza, il dottor Mancini invece ha definito con questi un «rapporto di amore/odio»: amore perché unico modo di tenere alla larga “la bestia”, ma odio perché «scomodi, di impaccio, divenuti ultimo strato della pelle che non vedevi l'ora di togliere». Il dottor Amitrano infine sottolinea come i DPI siano stati fonte di stress, in particolare «la vestizione e successiva svestizione è lunga ed eseguita sempre sotto la tensione costante di far un passaggio sbagliato, vanificando il corretto uso dei medesimi».
I sentimenti che hanno accompagnato i colleghi in questi ultimi mesi sono stati molteplici ed altalenanti, ma tutti confluiscono nella grande forza d’animo che serve per continuare a combattere la battaglia contro il Coronavirus. «All’inizio c’è stato molto smarrimento ma molta voglia di fare, di affrontare, di sapere e risolvere. […]. Nei reparti quando ti guardi intorno e incroci gli sguardi con i colleghi, che spesso non riconosci, ti monta solo la voglia di superare l’incubo. […]. In sanità siamo abituati a combattere le malattie ma questa è sembrata troppo e tutto insieme», rivela il dottor Mancini.
La paura è preponderante, confessano tutti nelle interviste. In primis di essere contagiati, avendo a che fare continuamente con un ambiente contaminato: «A un certo punto sembrava che tutto e tutti intorno a te potessero essere fonte di contagio» spiega il dottor Mancini. Ma anche di contagiare i proprio cari «verso i quali in ambiente domestico ho ritenuto giusto una forma di distanziamento, sottolinea Amitrano. La paura spesso era accompagnata da ansia e preoccupazione, instaurando un circolo vizioso tale per cui «lavorare con l'ansia porta al nervosismo, all'imprecisione, forse alla voglia di finire presto», confessa il dottor Mancini.
I colleghi ammettono inoltre che un altro sentimento travolgente che li ha accompagnati è stata la pietà «verso pazienti sofferenti e prostrati dalla malattia e dal lungo isolamento» (Amitrano), per il paziente «isolato e 'solo' per il mancato accesso della famiglia in ospedale», spiega la dottoressa Marroni.
Gli specialisti, oltre a raccontare la propria esperienza, vogliono far riflettere e sensibilizzare: il dottor Mancini rivolgendosi ai colleghi invita a «parlarne da un punto di vista organizzativo e clinico, ma anche emotivo perchè un segno, e non solo quello delle mascherine, rimarrà a lungo», mentre il dottor Amitrano, guardando alla collettività, vuole sottolineare come sia necessario «condividere e trasmettere a tutti i cittadini che non hanno vissuto un’esperienza diretta con il Covid, la speranza di non vedere vanificato il sacrificio di tanti operatori sanitari che a volte, a carissimo prezzo, hanno pagato il proprio impegno».
La raccolta di queste testimonianze ci farà sicuramente riflettere. Tutte hanno in comune una sola parola: la passione per la professione.
Come tutti gli operatori sanitari, anche i Logopedisti sono in prima linea e devono sostenere il peso dello stress e della fatica. Professionisti che hanno sempre cercato di fare bene il proprio lavoro e che continuano a regalare un sorriso ai pazienti anche se dietro ad una mascherina.
CdA Logopedisti Roma
Qui è possibile scaricare il documento ufficiale delle Linee di indirizzo per il lavoro in sicurezza dei logopedisti, redatto congiuntamente con la AMR FLI.