Il concetto di Disabilità e cambiamento: l’evoluzione di un significato e della presa in carico

Il concetto di Disabilità e cambiamento: l’evoluzione di un significato e della presa in carico

Nonostante il modello attuale fondato sui diritti umani che pone l’accento sull’accettazione della diversità resta ancora forte lo stigma verso le persone con disabilità psichica. Occorre un percorso evolutivo e di fiducia

 

Che cosa intendiamo quando parliamo di Disabilità? Quale è la prima immagine che viene spontaneamente “meta-rappresentata” nella testa di ciascuno? Sono diversi i modelli di definizione del concetto di Disabilità che si sono avvicendati nel tempo, evolvendosi o accavallandosi, sino alla più recente indicazione, in linea con la Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (ONU, 2006).

DIVERSI MODELLI A CONFRONTO

Se il modello basato sul concetto di beneficienza fonda le sue radici sulla considerazione del “malato” in qualità di soggetto fragile da proteggere e di cui si prenderà cura colui che ha “la buona volontà di farlo”, il modello medico pone l’attenzione sulla disabilità percepita e sulla necessità di cambiare una condizione di sofferenza intollerabile. Il più moderno modello sociale sposta invece il focus sulla partecipazione sociale e sull’abbattimento delle barriere ostacolanti il reinserimento, considerate appunto come variabile primaria della percezione personale di benessere.

Il modello attuale, fondato sui diritti umani, pone invece l’accento sull’accettazione della diversità, la necessità di ridurre le barriere discriminatorie e far luce sulla libera scelta dell’individuo, nel pieno rispetto dei suoi diritti e della sua individualità.

All’interno di quest’ultimo paradigma, possiamo incastonare i concetti di Benessere e Salute Mentale, all’interno dei quali la variabile determinante è la possibilità di compiere delle scelte nel rispetto della propria libertà personale. Focalizzandoci sulla patologia psichiatrica, intesa come “riduzione del benessere mentale”, purtroppo si osserva frequentemente come la cultura odierna associ le persone con disabilità derivanti da disturbi psichiatrici a soggetti incapaci di scegliere, determinarsi ed essere responsabili. 

LO STIGMA

Queste idee comuni rafforzano quello che comunemente viene definito “stigma”, alimentando ancor di più l’auto-discriminazione già drammaticamente pervasiva negli utenti con disagio psichico, con conseguenti allungamenti dei tempi di attesa della richiesta d’aiuto. Direttamente e indirettamente dunque, le idee distorte o le convinzioni circa la correlazione tra la patologia psichiatrica e la riduzione della capacità decisionali, hanno un impatto sulla presa in carico precoce dell’utente e la conseguente prognosi. Per tale ragione risulta di fondamentale importanza riflettere anche sulla cornice ideologica, comunicativa e comportamentale che caratterizza gli stessi operatori dei servizi, talvolta condizionati da un retaggio culturale in cui è difficile che trovino spazio l’incentivazione dell’autonomia piuttosto che la sostituzione nel processo decisionale, alimentando con quest’ultima meccanismi di cronicizzazione.

È per tali motivi che le fondamenta di una presa in carico efficace, umana ed “evolutiva”, oltre che olistica, integrata, orientata al Recovery, si ritrovano nella costante formazione, nella personalizzazione dell’intervento, nella partecipazione, nella connessione, nella presenza di speranza e ottimismo, nell’accettazione della propria Identità, nella possibilità di guarire da un trauma e quindi nel credere nelle infinte e vitalistiche possibilità delle persone. Il tutto mira a guardare la persona oltre la malattia, con l’obiettivo di guidarla verso la costruzione del proprio Empowerment e della propria Autostima, avvalendosi delle buone pratiche e delle evidenze scientifiche. 

Per concludere, si potrebbe riflettere sulle eventuali possibilità di scelta derivanti dall’insorgenza di un problema: ci si potrebbe disperare, ci si potrebbe bloccare, non sapere da che parte iniziare. In alternativa, e spesso in successione fortunatamente, si potrebbe invece imparare a sfruttare efficacemente le risorse che rimangono, si potrebbero conoscere strumenti alternativi con funzione compensatoria e/o riparativa, si potrebbe scegliere il proprio supporto in autonomia, in un percorso evolutivo appunto e di fiducia, verso un maggior benessere ed equilibrio – al di là della patologia e delle convinzioni depauperanti il potere vitale altrui.

Nessuna di queste fasi escluderebbe la precedente se soltanto si provasse ad osservare il tutto in qualità di un percorso effettivamente percorribile e di coraggio verso il cambiamento.

Giusy Stella

Valerio De Lorenzo

CdA Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica